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Covid-19 e lavoro: si prevede che 25 milioni di posti in tutto il mondo possano saltare, soprattutto nel settore turistico e trasporto aereo. La sanità ovviamente è salva e il digitale, ma solo per poco.
Non si sa quando questo incubo finirà, ma per allora si prevede che 25 milioni di posti di lavoro in tutto il mondo siano saltati. Chi il lavoro riuscirà a mantenerlo, comunque a livello planetario perderà 3.400 miliardi di dollari di reddito in ore tagliate e stipendi diminuiti.
Così stima l’ILO, l’agenzia dell’ONU che promuove le condizioni lavorative delle persone. Si pensi che la crisi del 2008-9 a suo tempo lasciò a casa “solo” 22 milioni di persone.
Covid-19 e lavoro: chi è rimasto a casa
Il covid-19 ha causato per diversi motivi il doversi astenere dal lavoro, ma vediamo quali sono stati i vari casi che i lavoratori hanno dovuto rispettare.
A) Lavoratore assente per ordinanza del presidente
La prima causa di assenza dal lavoro è ovviamente dovuta all’ordinanza emessa dal presidente del consiglio e fatta rispettare dalle singole regioni. In questo caso, il lavoratore resta a casa con lo stipendio pagato. Resta ancora da capire se la cassa integrazione arriverà e chi dovrà pagarla.
A diversi lavoratori è stata data la possibilità di lavorare da casa grazie allo smart working o lavoro agile.
B) Lavoratore assente per sospensione attività
Un altro forte disagio è dovuto alla limitazione di andare da un comune all’altro o peggio, di oltrepassare determinate zone rosse. Molte imprese poi hanno dovuto chiudere perché non appartenenti ai settori di prima necessità.
Anche in questo caso, non essendo “colpa” del lavoratore, a retribuzione resta anche in assenza della prestazione in quanto non dovute al lavoratore.
C) Lavoratore assente per quarantena obbligatoria
Se in qualche modo il lavoratore ha subito un ordine di stare a casa stabilito dal presidio sanitario, per quarantena, l’assenza dal lavoro e quindi la mancata prestazione del lavoro è gestita come un ricovero per una qualsiasi patologia o ricovero ospedaliero.
D) Lavoratore assente per quarantena volontaria
Se il lavoratore ha deciso di andare di sua spontanea volontà in quarantena anche non avendo sintomi di contagio, avranno comunque diritto di recepire il compenso dal datore di lavoro. Questa situazione è assimilabile al caso A.
E) Assenti per paura contagio
Se invece l’assenza del lavoratore è determinata dalla paura di essere contagiato pur esistendo sul lavoro i termini per il giusto contenimento, in questo caso si parla di assenza ingiustificata dal posto di lavoro. In questo caso possono scaturire provvedimenti contro il lavoratore fino al suo licenziamento.
Covid-19 e lavoro: ci sono speranze?
Qualche speranza c’è se non altro nel contenere il numero dei posti che salteranno, se tutti gli stati a livello globale riusciranno ad organizzarsi in un fronte comune con aiuti concreti ai lavoratori ma soprattutto alle aziende.
Se questo avverrà, allora la stima delle perdite potrà essere ridotta in maniera sensibile: 5,3 milioni di disoccupati.
Non un disastro dunque, ma solo una brutta notizia.
«Per il momento ci sono Stati, molti di questi europei, che stanno già introducendo soldi nei loro sistemi economici per non farle bloccare, cercando di tenere il numero dei lavoratori e il livello degli stipendi.
Ed è ottimo», commenta il direttore generale dell’Ilo. Certo, «sarebbe sempre meglio che i Paesi agiscano all’unisono: l’impatto delle loro azioni sarebbe più grande».
Covid-19 e lavoro: i settori colpiti e quelli meno colpiti
Al primo posto dei settori più colpiti c’è, come si può intuire, quello del turismo e dei viaggi. Le compagnie aeree, le prime a subire le conseguenze delle misure di contenimento, hanno già quantificato un danno globale di 250 miliardi. Circa 60 operatori hanno smesso di volare, in attesa di tempi migliori. Ryanair, la maggiore in Europa per numero di passeggeri, starà a terra ad aprile e a maggio.
Però non tutto andrà male. Alcuni settori riusciranno a resistere ad esempio i lavoratori appartenenti all’Information Technology, alla sanità, alla telefonia. E anche l’e-commerce e il food retail dovrebbero essere ben posizionati.
Il problema è che se l’economia mondiale si ferma, nemmeno quella del tech può sopravvivere poi così a lungo, non avendo più nulla da promuovere e da vendere. Come ha dichiarato Schmidt-Klau, dell’Ilo, «Anche quello è un settore di servizi. E se non ci sono servizi o prodotti da fornire, allora non sarà necessario nemmeno il supporto IT».
Potrà durare di più, ma solo per qualche mese.
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Articolo scritto da:
Francesco Mazza – Life Coach, Web marketing Manager (Exduco Comunicazione Formazione, www.exducocomunicazione.com)
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